Il martedì grasso conclude gli eccessi del Carnevale, l’ultima occasione per far festa, concedersi qualche stravizio alimentare e travestirsi con il costume migliore!

La tradizione del martedì GRASSO.
Per tradizione, infatti, il martedì grasso è il giorno che precede l’inizio della Quaresima. La Quaresima à il periodo di restrizioni e digiuno che comincia con il mercoledì delle Ceneri.
Nonostante tutto ciò sia ormai solo storia, qualche fedelissimo, rimasto legato alla memoria del passato, rispetta l’astinenza. Un’astinenza che i quaranta giorni di preparazione alla Pasqua, comportano.
Dietro le tradizioni del martedì grasso si celano, comunque, storie centenarie e curiosità dalle origini molto lontane.
Il travestimento.
La tradizione del travestimento è antica almeno quanto l’uomo.

Sin dai tempi dei popoli primitivi vi era l’usanza di travestirsi con pelli animali durante le cerimonie, le feste o le danze. La maschera era un tramite per mettersi in contatto con la vita ultraterrena, per congiungersi agli spiriti e ingraziarseli.
Nell’antica Roma, durante i Saturnali, un ciclo di festività in onore del dio Saturno, si usava mascherarsi. Per questa unica occasione, si poteva rovesciare le gerarchie sociali.
Gli schiavi potevano considerarsi liberi e comportarsi di conseguenza, deridendo persino i padroni e i nobili.
Lo stesso accadeva a Venezia, dove indossare una maschera permetteva a chiunque di trasgredire le regole e di insultare, perfino, il doge. Probabilmente, fu per questo motivo, che venne introdotta una legge per limitare questa tendenza.

Secondo alcune testimonianze, infatti, a Venezia, già nel XIII secolo, erano diffuse le tipiche maschere, che si vedono sfilare oggi. Durante le feste si racconta se ne facesse un uso talmente improprio e smoderato, da rendere necessaria la limitazione di questa moda.
La trasfigurazione.
La burla e trasfigurazione dei potenti sono il copione per eccellenza che sta dietro alle maschere tradizionali del carnevale italiano. Queste sono giunte sino a noi dalla Commedia dell’arte. Nel teatro del Cinquecento Arlecchino, Pulcinella, Brighella, Colombina erano le maschere fisse di servitori furbi e senza scrupoli che si prendevano gioco dei loro padroni o di personaggi come il Dottor Baldanzone, caricatura del medico sapiente.
Con l’avvento del Cristianesimo, il significato del carnevale in parte muta e si sovrappone a quello derivante dalle tradizioni pagane.

La parola Carnevale, deriva, infatti, dal latino carnem levare, che significa letteralmente eliminare la carne, ritenuta impura e capace di contaminare il fisico, ma anche come penitenza e sacrificio. Durante la Quaresima, infatti, nella tradizione cristiana, si seguivano il digiuno e l’astinenza.
La maschera.
Nella nostra cultura più moderna, la maschera ha acquistato un nuovo senso. E cioè è lo strumento attraverso cui mettere in comunicazione noi stessi con la parte più intima e profonda del sé, spesso difficile da mostrare a viso aperto.
La scelta di una nuova identità diventa paradossalmente uno dei modi di “togliersi la maschera” che indossiamo tutti i giorni, di uscire allo scoperto – seguendo l’insegnamento del grande Pirandello – , liberandoci da un’immagine che ci siamo, o ci hanno, costruito addosso per la vita di tutti i giorni e che, molto spesso, non ci rappresenta affatto.

Insomma, a ben rifletterci, i festeggiamenti del martedì grasso, potrebbero essere un’occasione per indossare la nostra “vera” maschera.
Buon carnevale a tutti!
A proposito di maschere, Leggi il mio articolo su Halloween.